STORIA DEL CASTELLO ESTENSE DI MESOLA
Terminate le vaste opere di prosciugamento del Polesine di Ferrara, note come Grande Bonificazione (1566-1580 ca). il Duca di Ferrara Alfonso II d'Este fece costruire presso Mesola, alle foci del Po, un nuovo castello fornito di un Barco racchiuso da un perimetro murario di vaste dimensioni. Si sarebbe trattato della prima tappa di un piano edificatorio straordinariamente ambizioso perchè finalizzato a creare un insediamento di eccezionali dimensioni in un'area altamente strategica tra il fiume e il Mar Adriatico.
A testimonianza del sogno dell'ultimo Duca di Ferrara resta lo splendido Castello di Mesola eretto tra il 1578 e il 1584 da Marcantonio Pasi. Il perno del complesso architettonico è il palazzo ducale: una possente architettura in mattoni caratterizzata da quattro torri angolari disposte diagonalmente. L'edificio sorge su una base a scarpa delimitata nella parte inferiore e in quella superiore da due cordoli marmorei. Tre ordini di finestre si aprono lungo le facciate. Il coronamento delle quattro torri angolari è ingentilito da cornici e da eleganti merlature. Attorno al palazzo i corpi di servizio della bassa corte, racchiudono con un perimetro porticato un cortile di forma semiottagonale.
A partire dal 1578 Alfonso II d'Este concentrò energie e risorse presso l'isola di Mesola con l'intento di stabilire presso le foci del Po un nucleo insediativo di nuova fondazione. Secondo i progetti dell'ultimo duca di Ferrara si trattava non solo di realizzare un nucleo di coordinamento territoriale funzionale allo sfruttamento dei terreni resi coltivabili in seguito alla Grande Bonificazione (alla stregua della lunga tradizione delle castalderie estensi) ma anche di erigere le prime infrastrutture per un nuovo centro urbano, fornito di uno scalo portuale in grado di contendere alla Repubblica di Venezia un ruolo egemone sui traffici mercantili che dal Mare Adriatico si inoltravano lungo il fiume verso i mercati dell'entroterra padano.
Sotto la supervisione di Marcantonio Pasi a Mesola venne costruito un circuito murario che superava in lunghezza quello posto a protezione di Ferrara racchiudendo un'area di circa ottocento ettari. Le mura mesolane, caratterizzate da un perimetro vagamente triangolare, raggiungevano uno sviluppo di ben dodici chilometri e si presentavano come una sequenza poligonale di cortine murarie intervallate da dodici torrioni quadrangolari. All'estremità occidentale del recinto Alfonso I d'Este, sempre su progetto del Pasi, fece erigere il Palazzo-Castello a pianta quadrata con torri angolari disposte diagonalmente e con una torre ottagonale a terminazione cuspidata (non più esistente) che svettava al centro del complesso conferendo all'architettura tardo cinquecentesca un aspetto maggiormente slanciato.
A completamento dell'impianto furono eretti gli edifici della «bassa corte» ovvero un insieme di strutture di servizio disposte attorno ad un cortile semiottagonale che abbracciava su tre lati il Palazzo-Castello. I corpi di fabbrica della «bassa corte», disposti secondo uno schema poligonale con torrette a pianta pentagonale ai vertici e caratterizzati da un lungo porticato aperto sul cortile interno si dilatano ulteriormente a nord e a sud attraverso due lunghe ali simmetriche.
La splendida architettura del Castello di Mesola evoca la straordinaria ambizione dell'ultimo duca di Ferrara che tuttavia, ostacolato dalle pressioni politiche della Repubblica di Venezia, preferì abbandonare i progetti per la fondazione di una nuova città estense alle foci del Po. Il Palazzo-Castello e le mura del Barco che erano stati già realizzati non mancarono però di essere valorizzati, restando le irrinunciabili infrastrutture di una grande tenuta di caccia, funzionale per quella particolare attività venatoria che prevedeva l'inseguimento del cervo all'interno di un recinto di vaste proporzioni.
Mesola, che restò proprietà allodiale degli Este, anche dopo la devoluzione di Ferrara alla Santa Sede, continuò ad essere un fondamentale nucleo per lo sfruttamento agricolo dell'area mentre i progetti di un futuro sviluppo urbano tramontarono definitivamente quando, i Veneziani, mettendo in atto il colossale stratagemma idraulico noto come Taglio di Porto Viro, (1599-1604), deviarono il Po di Tramontana, provocando quel rapido stravolgimento del panorama deltizio che mise in crisi gli scali portuali ferraresi e gli scoli della Grande Bonificazione.
Tra il XVII e il XX secolo le esondazioni del fiume e una sistematica opera di demolizione cancellarono le mura del Barco che perdettero progressivamente qualsiasi significato funzionale, viceversa, proprio l'adeguamento alle più diversificate destinazioni d'uso permise la conservazione del Castello-Palazzo e degli edifici della «bassa corte».
Si ringrazia per il materiale il Prof. Davide Mangolini.
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